I FILOSOFI ANTICHI E MODERNI

Written by Zeferino Siani. Posted in Artisti, cantanti/autori, poeti, ecc.

Per questa " Cronologia del pensiero filosofico " mi sono riferito alla voce sul web " Cronologia della filosofia - Wikipedia ", operando una fusione tra l' indice e la successiva tabella esplicativa, ad esso collegata.

Per brevità, alcuni filosofi  minori sono state cancellati dalla lista, ma in compenso ho in mente, al contrario,  di ampliare le notizie ed i concetti sia sui filosofi di maggiori importanza e sia relativamente alle voci delle varie correnti di pensiero. L' obiettivo di questo lavoro è quello di dare maggiore enfasi ai concetti più importanti, e al tempo stesso ridurre e semplificare i passaggi per  arrivare ai concetti- chiave. 

Buona lettura.

NOTA AUTORE: ARTICOLO IN COSTRUZIONE.

Cronologia della filosofia - Wikipedia

Filosofia antica

Ø  Presocratici 600 a.C. - 400 a.C.

v  Grecia Classica 450 a.C. - 322 a.C. (morte di Aristotele)

Ø  I tre grandi Ateniesi

Ellenismo e tarda antichità 300 a.C. - 300 d.C.

Ø  L'Accademia

Filosofia medievale

Ø  Patristica 100 – 500

Ø  Scolastica 500 – 1400

Ø  Filosofia araba ed ebraica nel Medioevo

Ø  Umanesimo e Rinascimento 1400 – 1600

v Età moderna 1600 – 1800

Ø  Età Barocca

Ø  Illuminismo

v XIX secolo

v XX secolo

Ø  Scienziati, critica culturale e storica, fenomenologia, realismo critico

Ø  Antropologia filosofica, filosofia dell'esistenza, filosofia sociale

Ø  Positivismo logico, filosofia analitica, logicismo, razionalismo critico

Ø  Filosofia politica, comunitarismo, neomarxismo e teoria critica

Ø  Filosofia ebraica, filosofia della religione, altri filosofi

Ø  Filosofia della scienza, costruttivismo metodico, filosofia della mente

Ø  Strutturalismo e post-strutturalismo, filosofia postmoderna e femminista, neopragmatismo.

Strutturalismo e Post-strutturalismo

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APPROFONDIMENTI SU : Strutturalismo e Post-strutturalismo

Lo strutturalismo è – in filosofia – quel movimento filosoficoscientifico e critico letterario che, sviluppatosi soprattutto in Francia durante gli anni sessanta, estese all'antropologia, alla critica letteraria, alla psicoanalisi, al marxismo e all'epistemologia, le teorie e il metodo dello strutturalismo linguistico.

In particolare nella critica artistica e letteraria (vedi gli studi di Gérard Genette), è stata applicata la teoria e la prassi strutturalista che considera l'opera presa in esame (testo letterario, creazione pittorica o filmica) come un insieme organico scomponibile in elementi e unità, il cui valore funzionale è determinato dall'insieme dei rapporti fra ogni singolo livello dell'opera e tutti gli altri.

Fra i più importanti pensatori associati allo strutturalismo occorre ricordare il linguista Roman Jakobson, l'antropologo Claude Lévi-Strauss, lo psicoanalista Jacques Lacan, il filosofo e storico Michel Foucault, il filosofo marxista Louis Althusser e il critico letterario Roland Barthes.

Con il termine post-strutturalismo si indica la tendenza, in alcuni filosofi francesi degli anni sessanta e settanta, alla radicalizzazione e al superamento della prospettiva strutturalista in campo filosofico (Jacques DerridaGilles DeleuzeJean-François Lyotard), psicoanalitico (Jacques Lacan), politico e sociologico, in ottica neomarxista (Louis AlthusserMichel Foucault) e nell'analisi del testo letterario (Roland BarthesMaurice Blanchot).

Il prefisso "post", che distingue questa corrente filosofica dallo strutturalismo, non va tuttavia interpretato come il segnale di una contrapposizione; piuttosto che opporsi agli esiti della riflessione strutturalista, infatti, questi pensatori hanno spinto alle estreme conseguenze i concetti e le modalità di svolgimento che le erano propri, fino a dissolverli in direzione decostruzionistacostruttivista, o in ogni caso relativista e postmodernista. Come corrente filosofica, pur non formando una vera e propria scuola (i suoi esponenti sono tuttavia legati fra di loro da molteplici rapporti biografici e accademici), si caratterizza per il rifiuto di attribuire al cogito cartesiano, al soggetto o all'uomo, qualsiasi privilegio gnoseologico o assiologico favorendo invece un'analisi delle forme simboliche, del linguaggio, come costitutive della soggettività piuttosto che come costituite da questa.

Tipici dell'approccio post-strutturalista sono: la ripresa di motivi nietzscheani come la critica della coscienza e del negativo (Deleuze) o il progetto genealogico (Foucault), la radicalizzazione e il superamento della valutazione ontologica del linguaggio heideggeriana e una prospettiva anti-dogmatica e anti-positivista.

POST- STRUTTURALISMO E PENSIERO POLITICO: SPUNTI DI RIFLESSIONE ATTRAVERSO FOUCAULT E DERRIDA

Introduzione

 Notiamo, in primo luogo, che Foucault e Derrida sviluppano un pensiero che si può determinare non solo come filosofia politica, e cioè un pensiero che, pur non trattando specificamente concetti e teorie politiche, ha implicazioni politiche, ma anche come filosofia della politica, e cioè un pensiero che istituzionalmente tratta temi e concetti politici.  In particolare, è in Foucualt e Derrida che maggiormente si coglie anche una filosofia della politica, ossia delle trattazioni diffuse e sistematiche su temi istituzionali del pensiero politico come potere, libertà, sovranità(in Foucault) o democrazia, diritto, Stato (in Derrida). In particolare, il percorso teorico di Foucault permette di declinare l’analisi del governo degli uomini attraverso le categorie del  potere e della biopolitica, delineando parallelamente una critica del paradigma neoliberale. Foucault abbandona, infatti, l’ottica esclusivamente giuridica della sovranità e delle istituzioni, dal momento che egli considera le istituzioni non come l’oggettivazione di uno spazio comune, ma come “la codificazione di rapporti di forza”. Egli, in quest’ottica, assume che non esistono idee o valori universali: ogni concetto, ogni idea è semplicemente frutto di un “discorso” che si afferma a un  certo punto nella storia. Per “discorso”, Foucault non intende tanto una ideologia, o una sorta di spirito del tempo; piuttosto, i discorsi sono le lenti con cui gli uomini hanno visto le cose, hanno pensato e agito, lenti che sono imposte sia ai dominanti che ai dominati, non menzogne inventate dai primi per ingannare i secondi e giustificare il proprio dominio.
La prospettiva del post-strutturalismo foucaultiano è attenta, pertanto, a cercare di spiegare come, dal processo continuo dei conflitti strategici tra attori, possa nascere un sistema di posizioni di potere tra loro connesse, ossia un ordine di dominio sociale
Si tratta così di superare le teorie dello Stato repressivo per andare verso un’analisi più raffinata di un Potere reticolare, quotidianamente molecolare, che producendo
sapere, linguaggio, piacere, sofferenza, diventa una vera e propria rete che attraversa l’intero corpo sociale. Queste ricerche che esplorano governo degli uomini, controllo politico, etica e sovranità, culminano nel concetto di biopolitica, divenuto cruciale nel dibattito contemporaneo. Foucault intende, con il termine biopolitica, il modo con cui si è cercato, a partire dal XVIII secolo, di razionalizzare i problemi posti, alla “pratica governamentale”, dai fenomeni specifici di un insieme di esseri viventi costituiti in
popolazione: salute, igiene, longevità, razze.
Egli coglie come, dal momento in cui i processi della modernità si consolidano, si determina, parallelamente, la condizione per cui il potere, anziché esercitarsi dall’alto al basso, ossia verticalmente, diventa una pratica che si costruisce orizzontalmente; gli individui, cioè, imparano a sentirsi autonomamente sottoposti a forme di potere. Questo fenomeno è determinato sia dalla diffusione di scienze come la psicologia, la sociologia, la criminologia, sia dalle nuove modalità di gestione dello spazio e del
tempo, nonché dalle istituzioni, quali scuole, ospedali, carceri, che inducono una particolare  fenomenologia della vita sociale, ossia appunto una biopolitica: gli studi foucaultiani hanno emblematicamente mostrato che la modernità ha determinato una dimensione fortemente sistemica, in cui esiste esclusivamente un soggetto fondato sulla conoscenza, che si contrappone al soggetto del mondo greco-romano, fondato, invece, sulla cura di sé.
Dunque, «Le discipline del corpo e le  regolazioni della popolazione costituiscono i due poli intorno ai quali si è sviluppata l’organizzazione del potere sulla vita»
Ė in questo contesto che il liberalismo viene colto,  criticamente, da Foucault come un passaggio fondamentale: sino al XVIII secolo, il principio del  diritto poneva un limite al sovrano; successivamente, invece, la ragione di governo non ruota più attorno alla questione del diritto o della legittimità del sovrano, bensì attorno alla questione di
«come non governare troppo»
Lo strumento intellettuale che gestisce tale questione è l’economia politica: è il mercato a far sì che un buon governo non sia semplicemente un governo che procede secondo giustizia. Il liberalismo, allora, per Foucault, si inquadra come un metodo di razionalizzazione della pratica governamentale: esso non parte come la teoria della Ragion di Stato, dall’esistenza di quest’ultimo per interrogarsi sulle condizioni del suo potenziamento attraverso l’esercizio del governo, ma dalla società, chiedendosi perché ènecessario un governo e quale tipo di  rapporto esso debba avere nei confronti della società
Frutto del liberalismo è stato, per Foucault, l'originarsi dell'homo oeconomicus, ovvero di una dimensione antropologica lontana sia dal meccanismo giuridico-politico di legittimazione del potere sovrano, tipico della modernità classica, sia dall'idea del sovrano come supervisore indiscusso della economia.
In conseguenza di tutte queste argomentazioni, la filosofia politica che si individua nel post-strutturalismo di Foucault si può forse inquadrare come una rinuncia alla riflessione sul potere legittimo, motivata tanto dalla consumazione postmoderna della razionalità e del trascendentale, quanto dal sospetto che questi criteri mettano capo in fondo alla legittimazione di poteri esistenti: si tratta di una rinuncia che, quindi, lascia spazio per una politica intesa essenzialmente come resistenza e destabilizzazione.


La lettura derridiana: una dislocazione dei concetti politici.

Se il contributo di Foucault alla riflessione filosofico-politica appare dunque rilevante, non meno influente si può considerare quello di Jacques Derrida che ha affrontato, sostanzialmente a partire dagli anni Novanta, sempre più frequentemente i nodi politici determinatisi nella società contemporanea. Nell’opera di Derrida, va precisato, non si trova una risposta, intesa come soluzione teorica, alla complessa evoluzione della politica contemporanea; si trova, però, una «sollecitazione del concetto del politico», che permette di pensare «uno spazio altro del politico»
Il  decostruzionismo di Derrida si può considerare una forma di analisi epistemologica delle categorie filosofico politiche, che hanno maggiore rilevanza rispetto all’evoluzione della società tardo moderna (democrazia, cosmopolitismo, Stato, legge-diritto-giustizia, multiculturalismo, cittadinanza, ecc.). É così il rapporto tra Stato e politica a essere
messo in discussione e ripensato, soprattutto in rifermento al contesto della democrazia. Oggi, la democrazia è considerata come un punto di approdo imprescindibile per una autentica società libera, ma nella tradizione della storia delle dottrine politiche e della filosofia politica, non di rado, si è guardato alla democrazia con sospetto o
preoccupazione, basti ricordare le osservazioni di Friedrich Nietzsche o quelle di Alexis Tocqueville, solo per fare alcuni esempi tra i primi che vengono in mente e che, in genere, sono ritenuti paradigmatici al riguardo. Quindi, quello della democrazia è un concetto più articolato di quanto si possa ritenere e non immune da una componente ideologica.
Secondo Derrida, la radice della democrazia (intesa, va precisato con attenzione, come democrazia a venire, non ancora realizzata) andrebbe individuata in «un’alterità senza differenza gerarchica», ossia richiederebbe una forma di uguaglianza che si sottrae allo schema tipico della società occidentale e della sua tradizione che si fonda sul
razionalismo, sulla preminenza dell’elemento maschile, del legame di familiarità e di fratellanza, dell’autoctonia, della nascita e della nazione. La democrazia appare
come una forza che oscilla tra le dimensioni dell’uguaglianza e della libertà, poiché la democrazia non è né un regime, né una costituzione in senso stretto, come testimonia la pluralità di concretizzazioni in forme politiche differenti del concetto di democrazia: democrazia parlamentare, monarchica, popolare, diretta o indiretta, liberale, democrazia autoritaria, socialdemocrazia, ecc.
E, dunque, il concetto di democrazia, da una parte, si lega alla sovranità statale-nazionale, all’autoctonia, al diritto di cittadinanza per nascita. D’altra parte, la democrazia si lega, e qui sta il suo rinvio, al cosmopolitismo, all’avvenire del diritto internazionale e alla distinzione tra Stati legittimi e Stati che non lo sono. Queste considerazioni assumono alcune implicazioni influenti in chiave giuridico-politica. Infatti, la giustizia, in tale analisi non ha luogo, non può essere circoscritta all’interno di una qualsiasi delimitazione spazio-temporale, tant’è che essa si realizza con l’atto finale, con il nome di chi emette la sentenza. Le leggi non sono giuste in quanto leggi, non si obbedisce loro perché sono giuste ma perché hanno autorità e l’autorità delle leggi si fonda esclusivamente sul credito che si accorda loro.
Il percorso di lettura derridiano, insomma, spingendosi fino al limite in cui la fondazione del giuridico-politico è sospesa sull’abisso dell’anomia, mette in luce l’essenziale decostruibilità del diritto e di ogni assetto istituzionale. Ne risulta influenzato, quindi, il modo in cui valutare i concetti di fondazione e limite della sovranità: il momento della fondazione di uno Stato non può essere pensato come un’origine pura, poiché esso eccede la norma che lo fonda. Nel decostruzionismo, la promessa democratica, custodisce «un rapporto escatologico all’avvenire di un evento e di una singolarità, di un’alterità inanticipabile» Il pensiero politico di Derrida permette di leggere e interpretare concetti e problemi cruciali all’interno del lessico politico contemporaneo, perché c’è una solidarietà di fondo tra l’ontologia e la politica di Derrida: etica e politica non si limitano a constatare il dato, ma si riferiscono anche a qualcosa che non ha ancora avuto luogo, alla speranza di un rischiaramento.

Valutazioni conclusive.
La conoscenza della politica (e dei suoi concetti-chiave) che si può determinare attraverso la lettura delle teorie post-strutturaliste, in definitiva, non è una conoscenza rassicurante, istituzionalizzante; essa riconduce la politica alla sua dimensione problematica, drammatica, polisemica, veicolando una modalità di comprensione più orientata a cogliere nessi e implicazioni, che a delineare prospettive nette e definitive. In definitiva, Foucault permette una trattazione del politico da un punto di vista storico-sociale, insistendo sulle logiche del governo, della ‘microfisica del potere’ e della libertà; Derrida, ripercorrendo e decostruendo la storia del pensiero politico, riafferma il nesso tra linguaggio e politica, cercando di sfuggire agli effetti della dissoluzione della dialettica. Per tali motivi, gli studi post-strutturalisti in generale e quelli di Foucault e Derrida in particolare, possono aiutarci a evitare, nella filosofia politica, visioni e interpretazioni unidimensionali o riduzionismi troppo immediati, favorendo un’apertura di riflessione più profonda e più attenta sul senso civico e politico del mondo contemporaneo. E questo, in fondo, resta un aspetto certamente cruciale e considerevole, anche molto concretamente, per sfuggire quelle derive populiste e quelle banalizzazioni e carenze ideali, che, da tempo, ormai influenzano pericolosamente la sfera politica e le stesse modalità con cui a vario titolo essa viene considerata, tanto dagli studiosi che dagli uomini comuni.

@@@ --->  FINE DEGLI APPROFONDIMENTI SU: Strutturalismo e Post-strutturalismo

Zeferino

 

 

 

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